L’artista al tempo degli NFT

di Mario Rotta

Secondo una visione che risale al periodo romantico l’artista è prima di tutto una persona completamente libera da vincoli schemi e pregiudizi ed è in grado di fronteggiare tutto quello che può limitare la sua creatività. In realtà questa visione non è così scontata, poiché gli artisti praticamente da sempre hanno dovuto fare i conti con una serie di variabili di scenario che andavano a incidere e vanno tutt’ora a incidere con il concetto romantico di libertà assoluta dell’espressione creativa. Alcuni di questi fattori per quanto possano mettere in crisi la creatività individuale sono in realtà utili se non addirittura necessari all’artista proprio per potersi esprimere al meglio di sé nel momento in cui dovrà farlo e potrà farlo solo all’interno di schemi e condizioni predefinite. Gli artisti antichi, ad esempio, dovevano coniugare la propria creatività tenendo conto dello spazio a disposizione sia in termini assoluti che in termini relativi ovvero della relazione dello spazio disponibile con lo spazio già occupato da altre strutture opere d’arte o o elementi architettonici. Tra gli altri fattori che influiscono sulla libertà dell’artista ci sono sicuramente quelli legati alla tecnologia e quelli legati all’economia, che ci interessano in questo momento. Gli artisti hanno sempre dato un contributo importante alla sperimentazione tecnologica e molte scoperte tecnologiche comprese alcune legate al mondo digitale come la realtà virtuale si devono alla collaborazione tra scienziati e artisti: si potrebbe dire che l’artista ha bisogno dello scienziato per capire alcuni fenomeni e lo scienziato ha ancora più bisogno dell’artista per dare un significato ai fenomeni che decodifica. Così l’arte digitale pur apparendo in gran parte come una derivazione di vecchie correnti pop riaggiornate e rivisitate, in realtà si scontra e si modella anche sulla base di come si evolvono le tecnologie sfruttando le quali un’opera d’arte digitale può esplorare linguaggi che contengono elementi innovativi e come il 3D immersivo o l’immersività, certe forme di gestione del colore che non siamo abituati a vedere nella pittura tradizionale e non potrebbe essere altrimenti ed altri fattori critici come la gestione della luce rispetto al materiale di supporto e la possibilità di usare qualunque materiale di supporto per output analogici. Ci sono però fenomeni più recenti che stanno già entrando in conflitto con la libertà dell’artista, e in particolare quello dei cosiddetti NFT, che tecnicamente vuol dire non fungible tokens ovvero oggetti digitali non tangibili anzi oggetti non tangibili digitali e certificati. Che cosa sono gli NFT? Si potrebbe dire senza paura di sbagliarsi che sono una delle tante trovate negli esperti di mercati finanziari per speculare su un settore su cui ancora evidentemente non c’erano interessi tali da generare investimenti , anche se da parecchi decenni mercanti e galleristi propongono l’arte come bene rifugio, anche se in questo caso pienamente tangibili. In sostanza un NFT è una sorta di certificato digitale unico che si genera sulla base di un progetto o associandolo alla digitalizzazione di un’opera, che da quel momento in poi diventa anche una sorta di garanzia della quotazione di mercato dell’artista. Ovviamente questo valore complessivo sarà soggetto a forti oscillazioni, che possono variare in base a numerosi fattori, dall’andamento dell’interesse nei confronti dell’autore alla quantità di NFT in vendita e così via.

Di fatto l’opera d’arte associata ad un NFT mantiene il suo valore d’uso, com’era all’epoca delle gallerie e dei mercanti, mentre il valore di scambio dipenderà verisimilmente sempre di più dall’NFT collegato all’opera e trattato da quel momento in poi come un prodotto finanziario, In pratica, il prezzo dell’opera non si definisce più attraverso accordi tra le parti o grazie all’interesse dei collezionisti, ma è in gran parte ricollegabile a vere e proprie manovre speculative. Facciamo un esempio: se un artista mette online sotto forma di oggetto+NFT una sua creazione ad esempio un dipinto si potranno delineare 3 scenari. Nel primo l’artista vende la sua opera ad un collezionista interessato al solo oggetto; il prezzo sarà in linea cn la quotazione abituale dell’artista, che ne uscirà consolidata ma non radicalmente riformulata. Da quel momento in poi, in ogni caso, l’artista non potrà più fare nulla né pretendere nulla se il collezionista rivenderà l’opera al doppio del prezzo di acquisto. Nel secondo scenario l’artista venderà contemporaneamente oggetto+NFT; questo implica che l’NFT collegato all’opera diventa un prodotto finanziario di valore fluttuante ma in grado di influire sul valore di quotazione dell’opera e soprattutto di riconoscere all’artista percentuali e royalties su tutte le transazioni successive. Nel terzo scenario l’artista mantiene la piena proprietà dell’opera ma vende il relativo NFT, configurando quanto già descritto nell’esempio precedente, ma con ulteriori possibilità di manovra, non essendoci vincoli legati all’oggetto materiale; che l’artista peraltro può ancor vendere a parte.

Per capire se in questi scenari ci sono possibilità reali di crescita per gli artisti, in termini di libertà d’azione, controllo sulle transazioni e maggior riconoscimento economico è forse ancora troppo presto. Quello che possiamo fare per il momento è sperimentare ipotesi e soluzioni che configurano un concetto di “opera d’arte” in cui convivono la dimensione virtuale richiesta dai metaversi e multiversi, la fluidità imposta dai marketlace finanziari e altre componenti ancora non del tutto chiari, tra cui l’idea che in questo mondo in rete in cui si virtualizza tutto si può virtualizzare anche l’opera d’arte perché si vive nello spazio e in una dimensione che non ha termini di paragone consolidati per capire se alle pareti immaginarie si debbano appendere riproduzioni digitali o NFT. O tutte e due. O i resoconti impietosi dell’ennesima bolla speculativa.

M noi vogliamo ancora illuderci che sarà un modo per mettere gli artisti in grado di difendersi meglio dai mercanti o dal cosiddetto mercato secondario. Per avere più potere contrattuale. E soprattutto per essere più liberi. Così io e Cinzia Virginia Vaccari abbiamo provato a immaginare due scenari molto diversi in cui si generano degli NFT associati alle nostre opere e successivamente messi in vendita sul Marketplace NFT per vedere che cosa succederà di qui ad alcuni mesi. I progetti sono in apparenza simili. Il mio si chiama Awakening Eyes ed è un progetto in cui tramite Instagram ho condiviso durante il periodo dei lockdown le fotografie e i selfie che mi facevo la mattina appena sveglio, impietosamente stanco e innervosito, ancora mezzo addormentato. Il progetto di Cinzia Vaccari si chiama 365self-portraits e consiste nel farsi un autoritratto di segnato al giorno per un anno intero, giorno dopo giorno, come una sorta di diario visivo degli stati d’animo, del come si appare, del come ci si vede durante un arco di tempo lungo ma di senso compiuto, evitando nel rappresentarsi qualunque componente tecnologica, per tornare al disegno, alla penna, alle matite. I due progetti sono stati trasformati ovvero sono stati associati a degli NFT e sono ora in vendita o come oggetti associati al relativo NFT o come pacchetti completi su OpenSea. Ovviamente sperando che il mercato si muova e che piccoli e grandi collezionisti manifestino la volontà di sostenere queste iniziative, il cui scopo anche dimostrare che certi nuovi scenari non influiscono negativamente sulla spazio creativo dell’artista ma potrebbero essere l’ennesimo riprova che l’artista si sa adattare a tutte le evoluzioni ed è quindi in grado di anticiparne gli esiti o di rivalutarne i risultati.

Awakening Eyes è stato trasformato in una sorta di grande collage che può essere anche stampato su grandi dimensioni: quindi ha una vita propria come elaborazione digitale e viene venduto insieme al suo NFC, ma può diventare anche un vero e proprio quadro dotato di una consistenza materica e di una sua connotazione percettiva. Il lavoro di Cinzia Vaccari invece viene proposto come disegni in vendita con il relativo NFC che in questo caso assume un valore di certificato univoco. Quello che cambia è il rapporto con il pubblico e i collezionisti interessati. Cambia perché in questo caso si cerca deliberatamente di generare o di intercettare una precisa volontà di acquisire l’intera collezione attraverso un’azione costante di offerta di acquisto dei singoli disegni man mano che vengono caricati sulla piattaforma di Marketplace. Questo approccio secondo alcuni è quello più interessante e anche più attuato finora nel mercato degli NFC perché risponde al bisogno degli acquirenti e dei collezionisti di possedere l’opera stessa, quindi il disegno vero e proprio, ma anche di dare un senso e un significato preciso alla sequenza di NFC che cercheranno di collezionare, tenendo conto che per vari motivi potrebbe non essere così facile riuscire ad acquisire tutti e 365 disegni man mano che vengono pubblicati. Sarà necessario quindi innescare una dinamica di compravendite sul cosiddetto mercato secondario, soprattutto tra i collezionisti che vorranno cercare di rimettere insieme tutti gli autoritratti necessari per dare forma a questo anno di introspezione e di riflessione che potrebbe poi anche sfociare in un allestimento espositivo o dar vita ad altre iniziative che potrebbero essere proposte direttamente dall’autore oppure dall’autore con i suoi collezionisti. Nel pieno rispetto sia della proprietà intellettuale che della proprietà “fisica” delle opere, e di conseguenza interpretando correttamente il concetto di condivisione associabile proprio alla dimensione digital degli NFT.

Ne frattempo guardiamo, riflettiamo e condividiamo i due progetti citati:
Mario Rotta. Awakening Eyes
Cinzia Virginia Vaccari. 365self.portraits

Awakening Eyes di Mario Rotta e 365self-portaits di Cinzia Virginia Vaccari.

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