Back 3

Una delle differenze più importanti tra la vita e gli ambienti digitali è che nella vita manca il tasto “back”. Quel “torna indietro” che ti aiuta a ripercorrere, a ricollocarti in un flusso che fino ad un certo momento eri in grado di seguire ma in cui poi, quasi senza accorgertene, ti sei sentito fuori posto. Ecco, ci vorrebbe un tasto “back” grande quanto l’Italia intera. Non per rimpiangere il passato, ci mancherebbe, ma per ritrovare un sentiero percorribile, il filo di un discorso, un tracciato che vale la pena esplorare, il punto esatto oltre il quale ci siamo persi, senza sapere perché. Possibile che non ci si renda conto di quanto è diventato meschino e ridicolo questo paese? Non si riesce più a parlare seriamente delle cose importanti (i desideri, i sogni, la voglia di cambiare il mondo, il futuro, la ricerca della felicità…). Si parla d’altro, costantemente, senza renderci conto che questo “altro” non è soltanto una distrazione momentanea, ma una vera e propria alienazione delle nostre coscienze, un altrove. Ci alziamo al mattino, usciamo, e non riusciamo più a vedere la città e i suoi problemi. Vediamo soltanto locandine di giornali che ci informano di qualcosa il cui impatto sulla nostra esistenza è spesso assolutamente marginale. A volte ci viene in mente che nel mondo stanno accadendo cose più importanti, o che nella realtà, da qualche parte, anche mentre andiamo in ufficio, potrebbero nascondersi indizi utili, occasioni per riflettere: come mai i cantieri hanno un’aria così poco curata? Perché restano aperti così a lungo? Non è che quel manovale in bilico è in pericolo? Quando è stata l’ultima volta che ho visto la piazza senza un’impalcatura? Dove vanno tutti questi ragazzi dall’aria annoiata? Perché attraversano la strada senza neanche guardarsi intorno? Perché ci sono in giro così tante macchine? Che cos’è questo odore sgradevole? E come mai non si vede quasi più nessuno sorridere, anche se c’è un bel sole oggi? Ma passiamo oltre, non ci interessa più, non ci riguarda più, non riusciamo più a riappropriarci di questi elementi e a partire da lì per ricominciare a ragionare. Arriviamo in ufficio e cominciamo a leggere le ultime indiscrezioni sulle veline, sulle prostitute e sull’assoluta indifferenza di una classe politica, non rispetto alla decenza, ché è un concetto equivoco, ma rispetto agli altri, in quanto tali, rispetto a tutti noi, alla nostra sorte, a tutte le difficoltà che anche oggi dovremo affrontare: una bolletta incomprensibile da pagare assolutamente entro le 12 altrimenti scatta una sanzione (mentre tu aspetti da mesi che ti paghino una fattura che ti permetterebbe di sopravvivere); la banca che ti telefona per dirti che il tuo tasso debitore è sceso al 12,5 per cento (quando ti risulta che alle banche il denaro costi soltanto l’1 o poco più); i call center che ti tormentano per convincerti che non puoi fare a meno dell’offerta tutto compreso, anche se gli avevi già spiegato cento volte che non ti interessa. E poi, ancora, il solito rumore di fondo nella rete, messaggi a cui bisogna rispondere immediatamente, richieste per risolvere urgentemente problemi che altri hanno avuto tutto il tempo di creare e lasciare irrisolti, e l’amara sensazione, quando ti arriva anche il comunicato sulla nomina di tal dei tali alla presidenza o alla direzione di questo o quello, di avere sbagliato qualcosa. Sì, perché tal dei tali lo conosci fin da quando eravamo ragazzi, ed era già allora un perfetto coglione, che non valeva nulla, non sapeva nulla, non sapeva fare nulla e quel che è peggio non gli interessava sapere o saper fare nulla. Sì, ci vorrebbe proprio un tasto back. Non per ricominciare, per quanto mi riguarda penso che rifarei le stesse cose, errori compresi. Ma per ritrovare quella specie di home page condivisa da cui potevamo partire per fare di questo nostro paese un paese migliore, mentre invece abbiamo seguito un link colorato e appariscente che alla fine ci ha trascinati in questo gorgo che si svuota nella melma, in questo paesaggio senza cielo, in questa quotidianità di fatica e rassegnazione, dove la cronaca appiattisce qualsiasi volontà di interrogarsi sui significati e la storia è finita da un pezzo. Mi viene voglia di uscire e cercare l’occasione per dare il via a quella rivoluzione che l’Italia non ha mai vissuto e di cui avrebbe così tanto bisogno. Ma come tutti, andrò soltanto a prendere un caffè…

3 thoughts on “Back

  1. Patrizia Appari Jun 26,2009 12:57 pm

    Io penso che una perdita, tra le altre, sia stata quella dell’ascolto “partecipante”.
    Narrare non basta, il tuo racconto, senza un ascoltatore attivo, non esiste.
    Ci siamo abituati a non ascoltare più, sentiamo, senza riflettere su ciò che gli altri ci dicono.
    A volte la gente parla, a se stessa, e non aspetta nemmeno di essere ascoltata, non lo pretende e non lo vuole.
    Mettersi nelle condizioni di farsi ascoltare e ascoltare implicano apertura da una parte e attenzione e cura verso l’altro, dall’altra: questo atteggiamento ci costringerebbe, in primo luogo a riflettere; in secondo luogo, se richiesto ad entrare nel merito altrui.
    E la novità starebbe nell’impegnarsi in ascolti reali, non virtuali; ascolti che ci permetterebbero di uscire da quelle che tu chiami “distrazioni” e ricominciare non solo ad ascoltare ma anche a vedere il mondo.

  2. Mario Rotta Jun 26,2009 11:50 am

    Sì, lo so, è l’ottimismo della volontà che ci permette di affrontare il pessimismo della ragione e cercare altre soluzioni. Non ci fermeremo mai… ma avremmo bisogno di un tempo non-lineare…

  3. Elisa Rubino Jun 25,2009 4:49 pm

    :)
    la nostra timeline non è un’extradimensione con più direzioni, versi e variabili :( ma possiamo ugualmente scegliere quel percorso che permette di trovare la nostra strada. Non c’è il tasto “back” per il nostro paese? … magari andando “avanti” ritroveremo quella pagina da cui eravamo già passati e da cui avevamo preso un pecorso casuale ed errato… ora sappiamo dove dirigerci, quale link cliccare…
    spero di averti dato un micro conforto :)

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