M’illumino d’immenso

Arezzo Roma L’Aquila Trieste, 2003-2004
Stampe fotografiche, stampe da elaborazioni digitali e stampe laser su acetato

In quel periodo, quando camminava per le strade della città, faceva attenzione a non passare mai da quelle più larghe e affollate. Preferiva le vie più strette, dove poteva rasentare intonaci scrostati e resi inconsistenti dalla pioggia, o del tutto incomprensibili. Nelle superfici più luride e in quelle complicate come carte geografiche ritrovava un po’ di calore, un po’ della serenità che aveva perso, divertendosi a identificare iniziali, ghirigori, perfino qualche accenno di poesia. Era come se la città comunicasse con lui attraverso segni e ombre, lasciati lì da chissà chi e da chissà quando, mentre lui stesso comunicava con la città seminando tracce di polvere. Non era affatto pazzo. Era solo la sua immaginazione a guidarlo verso la solitudine, e la malinconia che di solito la segue come una compagna di viaggio. Prima o poi, ne era sicuro, si sarebbe di nuovo illuminato d’immenso. Ma ci voleva tempo. Un brutto vizio, quello della letteratura.

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