Un’anima divisa in due (domani)

Frammenti di staute (Atene, Acropoli)

Domani in Italia si vota. Si vota per eleggere il Parlamento: un aspetto del problema che non è stato evidenziato a sufficienza dai cosiddetti mezzi di informazione di massa, né dalla maggior parte degli stessi candidati. Non si andrà a votare per scegliere un premier (se non indirettamente), né (se non altrettanto indirettamente) per supportare dei gruppi all’interno di coalizioni. Si voterà per eleggere delle persone, che saranno chiamate a scrivere delle leggi e anche a votare a loro volta per scegliere il nuovo Presidente della Repubblica, in quanto nostri delegati. Ma votando non potremo scegliere a quali persone vorremmo davvero affidare la nostra delega, perché si impegnino a favore di determinati principi nel momento in cui saranno chiamati a decidere leggi o altro: altri, non noi, hanno deciso chi saranno i nostri delegati, con qualche eccezione parziale (le primarie del PD da un lato, certi meccanismi di candidatura alternativi e semi-diretti attuati dal M5S dall’altro). Questo basterebbe a restringere il campo delle nostre scelte: perché mai un cittadino dovrebbe votare per partiti, gruppi o coalizioni che non ci hanno chiesto neppure in modo parziale un parere su chi potrebbero essere le persone che vorremmo fossero i nostri delegati in Parlamento? Su 6 possibilità, di conseguenza, ne scarto subito 4: perché non mi hanno concesso alcuna facoltà di scelta, e in un paio di casi, peraltro, hanno prodotto e/o avvalorato la legge elettorale che permette questo abuso.

Restano 2 alternative, nei confronti delle quali ammetto di provare una vera e propria lacerazione. C’è qualcosa che mi attira sia nella coalizione che si identifica con Bersani sia nel Movimento 5 Stelle, e allo stesso tempo qualcosa che mi respinge in entrambi. Non penso che abbia nulla a che fare con l’indecisione tra un “voto di pancia” e un “voto di testa”. Non esistono voti di pancia (che mai vuol dire, poi? Che si vota per fame? Non siamo ancora a questo punto… siamo sulla buona strada ma non ancora a questo punto), alla fine si vota sempre al termine di un ragionamento, di una riflessione in cui sostanzialmente, almeno in Italia, prevalgono due opzioni: scelte dettate da ideali o da desideri e scelte legate a interessi diretti o di opportunità. Ecco un altro dei problemi italiani. Non nascondiamoci dietro la pancia, la testa, ciò che è utile o ciò che è inutile (e meno che mai dietro l’idea che si possa o si debba votare per i mercati, la stabilità, per uscire dal baratro e altre sciocchezze del genere): in Italia ci sono solo due tipi di voto, il voto d’uso (legato ai desideri) e il voto di scambio (legato agli interessi). Purtroppo per tutti noi, la maggioranza degli italiani preferisce adagiarsi sul voto di scambio, altrimenti non si spiegherebbero i risultati di quasi tutte le tornate elettorali dal dopoguerra e soprattutto quelle degli ultimi 20 anni. Ma non è certo questo il mio caso: non ho mai votato in cambio di favori, non ne ho mai chiesti e non riuscirei a guardarmi in uno specchio se lo facessi. Voto perché desidero, desidero perché esisto in quanto cittadino, mi sento pienamente cittadino solo nel momento in cui posso scegliere in piena libertà e rispondendo a un suggerimento di mio padre: sii sempre onesto con gli altri, ma soprattutto con te stesso.

Onestamente, pur avendo votato per il PD una sola volta in vita mia, mi sono registrato e sono andato a votare alle primarie. L’ho fatto perché era davvero una prova di democrazia, e per sostenere Matteo Renzi. All’inizio Renzi non mi piaceva, con quell’aria da ragazzino un po’ saccente. E poi era sempre in televisione. Ma poi sono andato a vedere i programmi e ho visto un’evoluzione: sono anni e anni che parlo come tanti altri dell’importanza della creatività dei giovani, dell’innovazione tecnologica come veicolo di cambiamento, del riconoscimento concreto dei meriti senza per questo dimenticare la tutela dei bisogni, del bisogno di superare gli steccati ideologici in nome di una più moderna visione civile della società… e nella strategia di Renzi ho ritrovato molto di tutto questo: stesso linguaggio, stesse speranze, la stessa “incoscienza”. Poi Renzi ha perso le primarie, e tuttavia si è comportato in modo coerente e civile, due atteggiamenti molto rari in Italia. Penso sinceramente che Renzi (se non si lascerà corrompere in senso lato) possa rappresentare il futuro: non vedo nessun’altro nel futuro di questo nostro paese, ammesso che il nostro paese abbia un futuro. Ma domani bisogna anche fare i conti con il presente. E nel presente c’è una coalizione per un Bersani che sa un po’ di visto e rivisto (poverino, è un brav’uomo, ma come direbbe il maestro Manzi “fa quel che può, quel che non può non fa”) e all’interno della quale nel caso si può dare fiducia a Vendola (se solo riuscisse a scrollarsi di dosso un po’ di polvere retorica…); e c’è il Movimento 5 Stelle: che, lo ammetto onestamente, in parte mi attira non tanto per il carisma comunicativo del suo leader, ma perché ripropone con forza temi che mi sono cari, i temi ambientalisti ad esempio, per di più in uno stile simile a quello dei movimenti verdi nordeuropei, e tutte le tematiche legate alla rete, alla cittadinanza attiva, al presente digitale. Non è poco: finalmente, in Parlamento, ci sarà qualcuno che sa che una Smart City non è una piccola vettura che si parcheggia più facilmente in doppia fila!

Ecco, questa è la mia sensazione di oggi: un’anima divisa in due. All’alba non vincerò, ma farò una scelta. In piena onestà ma anche senza attribuire alla decisione che prenderò chissà quale valore. Dopo tutto non è votando di tanto in tanto che si fa politica, anzi. Ciascuno di noi può fare politica tutti i giorni attraverso comportamenti e decisioni. Si può contribuire alla politica ambientale praticando sistematicamente forme di risparmio energetico e di riciclaggio virtuoso, non comprando i prodotti delle multinazionali dell’alimentazione (puntando al contrario sui prodotti biologici del territorio), limitando i nostri consumi (che è anche un modo indiretto di spingere i produttori di energia ad abbassare le tariffe). Si può fare politica dell’informazione spengendo la TV, smettendo di comprare giornali che contengono solo sciocchezze o peggio, riducendo persona dopo persona l’audience su cui i grandi gruppi editoriali costruiscono il fatturato del loro indotto pubblicitario. Si può fare politica economica rispondendo no a tutte le banche che ci propongono di investire i nostri risparmi (ammesso che se ne abbiano ancora) in “prodotti finanziari” di dubbia integrità, e andando più spesso a ricontrattare i tassi debitori e i costi delle operazioni. Si può fare politica fiscale pretendendo sempre scontrini e ricevute, anche se l’elettricista ci dice che così l’intervento costa di più: d’accordo, ma così paghiamo tutti le tasse, e forse così facendo, alla fine, pagheremo tutti di meno. Si può fare. Lo so che è difficile, ma sono le uniche armi che abbiamo, insieme a una sorta di tolleranza zero nei confronti di noi stessi, quella stessa intransigenza che dovrebbe spingerci a urlare di meno per pretendere questa o quella nuova concessione e a considerare di più se e quanto noi, per primi, rispettiamo la Costituzione (che è un’ottima Costituzione) e ne applichiamo i principi nella quotidianità. Tutto questo è la politica: una triangolazione tra impegno diretto e personale, deleghe e controlli. Andate ad Atene, se ne avrete l’opportunità, e salite al tramonto sulla collina dell’Aeropago. A parte il fatto che è uno dei luoghi più belli del mondo, da lassù potrete percepire quasi visivamente come funzionava una democrazia diretta, partecipata: c’era un luogo dove tutti i cittadini si riunivano in assemblea (tutti quelli che ne avevano diritto, almeno) e dove tutti potevano presentare proposte e sottoporle al voto. Quel luogo si chiamava Ecclesia. Poi c’era un luogo dove si rendevano esecutive le proposte presentate e approvate dall’assemblea, il Bouleuterion. E infine un luogo (l’Aeropago, appunto) dove si verificava che le decisioni prese fossero compatibili con i principi etici condivisi dall’intera cittadinanza. Dall’Aeropago si vede l’Ecclesia, dall’Ecclesia si vedono sia l’Aeropago che il Bouleuterion, dal Bouleuterion si vede l’Ecclesia. Si percepiscono relazioni talora conflittuali, ma virtuose, nella trasparenza dell’aria.

Se solo con queste poche righe riuscissi a risvegliare questa percezione della vita civile ai miei soliti 25 lettori, allora domani qualsiasi anima divisa in due capirebbe che le scelte non sono una lacerazione, ma contraddizioni legate al fatto che ognuno di noi – come direbbe un grande scrittore americano – contiene moltitudini.

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