Scuola, turismo e altre amenità

Solo qualche veloce riflessione su un problema a cui a mio parere la stampa non sta attribuendo una sufficiente visibilità. Mi riferisco alla proposta del senatore Costa, del PdL, di posticipare l’apertura del prossimo anno scolastico al 30 settembre, proposta accolta con interesse dal ministro dell’istruzione, come ipotesi (questa sembra la motivazione prevalente) per sostenere il settore turistico (sic!). Al di là delle reazioni che finora hanno preso forma – tutte a loro modo prevedibili – mi sarei aspettato che rispetto a questa “notizia” si evidenziassero semplicemente alcuni elementi essenziali del problema, fondati su alcuni dati inequivocabili e in grado di rivelare la reale natura e portata della proposta. Questo almeno è quello che sarebbe immediatamente emerso in qualsiasi paese civile. Si sarebbe ad esempio evidenziato, dati alla mano, il fatto che sia la scuola che il turismo avrebbero bisogno di interventi strutturali, radicali, e non di palliativi o ipotesi amene. I dati sulla scuola sono noti: la scuola italiana non è in grado di reggere il confronto con altri sistemi scolastici per quanto riguarda i risultati ottenuti dagli studenti (mi riferisco ai ben noti dati PISA-OCSE); siamo uno dei paesi “evoluti” in cui il numero dei laureati rispetto a chi ha seguito un percorso scolastico che porta all’università è più basso; gli insegnanti italiani sono tra i meno pagati d’Europa; il rapporto tra ore lavorate dagli insegnanti (tante) e ore effettive dedicate alla didattica (poche) denota inefficienza e inefficacia. Se passiamo al turismo altri dati concreti sgretolano l’immagine autocompiaciuta del bel paese che vive di flussi turistici: per arrivi netti siamo soltanto al quinto posto nel mondo (dati UNWTO: http://unwto.org/facts/eng/ITA&TR.htm); il nostro indice di competitività nel settore turistico, calcolato dal WEF (http://www.weforum.org/en/initiatives/gcp/TravelandTourismReport/index.htm), ci vede al 28esimo posto, dopo l’Estonia e subito prima di Malta, ma di poco; e nella classifica dei musei più visitati il primo museo italiano (gli Uffizi) è al 21esimo posto. Appare evidente che anche il turismo, come la scuola, ha bisogno di interventi strutturali e non di incerti “contentini”. Proviamo a leggere l’oggetto della discussione in corso attraverso questi dati. Ne emerge la pretestuosità e l’inconsistenza, se ne coglie immediatamente la motivazione “politica”: un tentativo di recuperare popolarità partendo dal presupposto che regalare caramelle ai bambini è più facile che spiegare loro che fanno male ai denti e infinitamente meno complicato che impostare e mantenere nel tempo una dieta sana ed equilibrata. Fuor di metafora, significa che in questa nostra Italia vittima dei media e dove non si fa più politica intesa come etica della resposabilità ma ci si limita a elaborare strategie di sopravvivenza a breve termine (il cui solo scopo è probabilmente il mantenimento di alcuni privilegi) non si prova neanche più ad affrontare i problemi reali e che richiederebbero investimenti, “visioni”, creatività: ci si limita a buttare là sciocchezze che serviranno soltato a confondere ulteriormente le già poche idee ma confuse della nostra (ahimé) classe dirigente. Che tristezza!

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