Non è un paese per vegetariani

La Toscana, si sa, non è un paese per vegetariani. Qui, a volte, soprattutto nei piccoli paesi della Val di Chiana o del Casentino essere vegetariani è considerato quasi una stravaganza, tollerata solo perché in fondo, da queste parti, la civiltà ha radici antiche. Gli è che in queste zone la carne è particolarmente buona, soprattutto quella del manzo di razza chianina, che molti chiamano il gigante bianco perché originariamente era un animale da lavoro ed è enorme, robusto, candido come la neve. Ma non voglio riaprire il libro delle ricette d’amore per parlare di zootecnia e di abitudini alimentari. Era solo una premessa per arrivare al punto: il punto è che quando vengono a trovarci degli amici, soprattutto dal Veneto, per me è quasi un dovere, oltre che un onore, improntare la mia cucina sulla carne chianina. Così qualche sera fa, per amici trevigiani, ho preparato una cena totalmente a base di chianina, che mi piace raccontare, perché è stata molto apprezzata e quindi, con ogni probabilità, è venuta proprio bene. Cominciamo però col dire che perché le ricette possano riuscire bisogna sapere dove trovare la carne buona e i tagli giusti: non garantisco per chi volesse provare sostituendo la chianina DOP con qualsiasi altra ipotesi.

Per prima cosa la tartare, anzi, le tartare, visto che ne ho preparate tre: la carne deve essere ricavata da tagli come il cimalino o lo scamone (in una buona macelleria sanno di che si tratta) e se possibile acquistata solo un paio di ore prima di cena. Se non c’è tempo per sminuzzarla al coltello bisogna chiedere al macellaio di passarla nel tritacarne una sola volta, grossolanamente. Io ho fatto così. Poi l’ho messa in una terrina e l’ho “impastata” con un poco di sale grosso, una spruzzata di pepe misto e olio di quello toscano. L’ho lasciata riposare una mezzora e poi ne ho ricavato delle piccole forme pressandola con degli stampini, mettendo le 3 forme ricavate nel piatto. Su una delle forme ho fatto un camino al centro (come se fosse una ciambella) e l’ho riempito di succo di limone. Su un’altra ho versato dell’aceto balsamico. Sulla terza ho messo un trito di erbe aromatiche a base di aneto, maggiorana e timo. Ho completato il piatto con una salsa di yogurt e aglio, una variante di una nota salsa greca, che sulla tartare di chianina secondo me sta particolarmente bene. Semplice, veloce e di grande effetto. A condizione di poter disporre della giusta materia prima, ovviamente.

Tartare di chianina

Il primo piatto era più sperimentale: tagliatelle al cacao. In Toscana si trovano facilmente, e contrariamente a quello che si potrebbe pensare hanno un gusto molto delicato. Per questo vanno condite con qualcosa di forte. Io ho preparato un ragù di salsiccia di chianina (che immagino si trovi solo qui, ma male che vada può essere sostituita con salsicce di media stagionatura), rigorosamente in bianco (pomodoro e cacao non vanno mai insieme), allungato con vino dolce su una base di porri soffritti e completato con una manciata di pinoli. Non riesco a immaginare nulla di più toscano, tutto sommato. Si serve su una ciotola, mescolando all’ultimo momento al ragù un formaggio fresco e che possa sciogliersi completamente, meglio se di pecora o di capra.

Per la seconda portata ho pensato a come andare oltre la solita carne (si fa per dire) e ho deciso di proporre dei tranci di chianina in crosta. Il controfiletto è il taglio giusto. Se ne ricavano dei tranci di 5-6 centimetri di diametro e 2 di altezza. Si passano in una padella appena unta di burro, leggermente salati a crudo, per 2 minuti su ogni lato (2 minuti contati). Poi si mettono da parte e si preparano le croste con la pasta sfoglia: in questo caso sul fondo di ogni pezzo di sfoglia ho messo degli asparagi bianchi cotti con aglio, vino e una serie di spezie che mantengo segrete per divertirmi un po’. Su questo fondo ho messo una mezza foglia di alloro fresco e i tranci di chianina che riposavano in padella, avvolti in una fetta di lardo del casentino. Poi ho richiuso la pasta sfoglia in modo da ottenere un certo numero di involtini, tenendoli però un po’ aperti ai lati. Ho passato il tutto in forno per una ventina di minuti e ho servito le croste appena sfornate su un caprino fresco abbinato a una salsa di pomodoro e paprica dolce. Non è difficile, ma è un piatto che merita un vino rosso degno del trancio di chianina che ne costituisce il cuore.

Come dessert, infine, avevo preparato una cassata siciliana, fatta secondo una vecchia ricetta di casa. Ma questa è un’altra pagina del libro…

'+
1
'+
2 - 3
4 - 5
6 - 7
8 - 9
10 - 11
12 - 13
13 - 14
[x]