Un quarto d’ora di felicità (Natale 2017)

 

IMG_3920

Ecco. Come sempre. Natale si avvicina. E le multinazionali della felicità si fanno avanti, diventano più aggressive. In realtà si danno da fare tutto l’anno, mese dopo mese, inventando feste che non esistono, santi sconosciuti, notti colorate. Ma lo fanno per noi. Sanno che non siamo felici e cercano, come dire, di interpretare la domanda per rispondere con prodotti adeguati alle richieste del mercato. A Natale ci propongono di fare di più, di essere più buoni, di diventare più belli, di tornare a essere più giovani. In una parola, ci suggeriscono come si fa a essere più felici, spendendo tra l’altro solo una cifra contenuta, o anche in comode rate; e se qualcuno crede che la felicità non si possa comprare, è sempre libero di restituirla.

Sembra tutto bellissimo. Perfetto. Addirittura logico. Perché, allora, ogni volta che si avvicina il Natale proviamo un senso di vuoto, un’ansia a cui non sappiamo dare un volto, un disagio che ci rende quasi estranei al via vai di gente per le strade? Non ho una risposta: forse è perché possiamo avere tutto ma non c’è nulla che ci interessa davvero. Ma questo è un ragionamento troppo semplice per essere plausibile. Le multinazionali della felicità hanno sicuramente rilevato attraverso i loro sondaggi questa deriva tendenziale e si sono attrezzate di conseguenza: come si spiegano altrimenti il panettone senza canditi, il telefono che ti fotografa mentre fotografi, la pasta che viene verso di noi o il profumo che ti trasforma in una dea? No, la fonte della nostra ansia va cercata altrove.

Dove, non so. Ma posso dire dove l’ansia si attenua: è quando si ricorda, quando si legge, quando si osserva, quando si ascolta. Quando, non dove: perché la percezione della felicità è una questione di tempo e di memoria, di intuizione e di coscienza. Cose che non si possono imbottigliare o indossare. Proviamo a ricordare, allora. Chi si ricorda di quello che diceva Epicuro? Parlava della felicità spiegandoci che è una sorta di equilibrio tra il saper vivere e il non aver timore di morire, precisando poi che saper vivere significa essere intelligentemente consapevoli: “perché non sono di per se stessi i banchetti, le feste, il godersi fanciulli e donne, i buoni pesci e tutto quanto può offrire una ricca tavola che fanno la dolcezza della vita felice, ma il lucido esame delle cause di ogni scelta o rifiuto, al fine di respingere i falsi condizionamenti che sono per l’animo causa di immensa sofferenza”. Un pensiero antico e allo stesso tempo modernissimo, che si può ritrovare, riformulato, perfino in qualche appunto di Leopardi, quando scriveva che “felicità non è altro che contentezza del proprio essere e del proprio modo di essere, soddisfazione, amore perfetto del proprio stato, qualunque del resto esso stato si sia, e fosse pur anco il più spregevole”. Probabilmente, le multinazionali delle feste e dei regali non avrebbero piazzato facilmente i loro prodotti ai tempi di Epicuro, così come a quelli di Leopardi. Ed è singolare, perché l’uno è il simbolo stesso dell’edonismo e l’altro il più grande interprete del pessimismo. In pratica, nell’immaginario fasullo dei maghi del marketing, due clienti perfetti: il primo in cerca di un appagamento che il lusso a buon mercato dei nostri giorni dovrebbe garantire, il secondo in cerca di una risposta ad un senso di inadeguatezza che i pubblicitari tradurrebbero in prodotti associati al concetto di comfort. Se non fosse per quel dettaglio non trascurabile che chiamiamo intelligenza…

Ecco allora dove nasce il tempo della felicità: nell’intelligenza, nella capacità di elaborare e capire ciò che ci piace davvero e ciò che ci serve realmente. Per poter dire, come un personaggio di un film di Almodovar, che ci sentiamo felici nel momento stesso in cui ci sembra di essere vicini all’immagine che abbiamo di noi stessi. Che significa forse che si è felici quando i nostri desideri coincidono con le sensazioni che ci trasmette la realtà che stiamo attraversando. Quando, non perché.

Non resta che augurarci, ora che andiamo verso Natale, di intuire quel quarto d’ora di felicità concesso a chi saprà riconoscerlo tra le luci inappropriate, i suoni invadenti, i colori, i sapori e gli odori sperperati come se fossero senza significato; tra tutto ciò che è superfluo e per questo ci imprigiona. Quando, dove e perché. Buon Natale.

'+
1
'+
2 - 3
4 - 5
6 - 7
8 - 9
10 - 11
12 - 13
13 - 14
[x]