Il grande cocomero

Lestans Valdarno Valdorcia 2004
Stampe fotografiche e stampe laser su acetato

Scese lentamente lungo il fiume, il grande cocomero abbandonato, rotolando come un ciottolo nella corrente, come il riflesso di una foglia trascinata via dall’ultima pioggia, fino a fermarsi nelle secche che i primi uomini, naufraghi o selvaggi che fossero, avevano certo artificialmente creato per intrappolarlo. Si guardò intorno e vide i giochi delle luci del tramonto e nebbie improvvise che seguivano il corso del torrente, nonostante l’estate. Ma non ebbe il tempo di godere dello scorrere delle acque o del silenzio che lavora in quei luoghi come un mago nella sua bottega. Gli ultimi uomini, naufraghi o selvaggi che fossero, lo catturarono, lo deposero sui sassi e senza alcuna pietà lo decapitarono: un rituale semplice e veloce, che si concluse quando le tracce del grande cocomero furono disperse sulla riva, ai corvi e alle lontre. Non si può dire che fosse innocente, ma nemmeno che meritasse una condanna così dura. Aveva solo mostrato agli increduli che ogni luogo può essere sacro e che ogni sedia può diventare un trono, se solo le ombre benevole uscissero dagli specchi e dalla terra e se ne impossessassero, per governare mettendo al bando la barbarie e nominando ministri la poesia delle cose, o la semplicità di una forma rotonda, o il flusso lento e inesorabile del fiume. Si sa, nelle favole tutto è possibile. Ma non quella volta. Il grande cocomero fu re per un giorno appena, e non lasciò successori: solo l’attesa di un altro arrivo, sperando che questa volta gli uomini, naufraghi o selvaggi che siano, abbiano il coraggio di ascoltarlo mentre spiega le sue ragioni e racconta le sue storie.

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