Nulla di nuovo, qualcosa di nuovo 1

Per fare qualcosa di nuovo, in questo paese che invecchia così male, dobbiamo ricominciare dalla ricerca di quell’utopia che possiamo chiamare etica condivisa. Significa accettare l’idea che, in quanto cittadini che si riconoscono (o non si riconoscono) in una qualsiasi delle componenti politiche che oggi si confrontano (e spesso si scontrano) in parlamento, in questo particolare momento, dobbiamo imparare a dialogare, senza per questo essere d’accordo su tutto o cercare soluzioni di comodo. Dobbiamo imparare a parlarci e ad ascoltarci, restando diversi nelle opinioni ma accettando di essere uguali agli altri sia nel diritto di esprimerle che nel dovere di considerare senza pregiudizi quelle dei nostri interlocutori. Dobbiamo, in poche parole, portare il livello del confronto su un piano più alto e allo stesso tempo più concreto, passando dal dialogo tra sordi tra una sedicente maggioranza impegnata soltanto a difendersi e un’opposizione a oltranza impegnata soltanto ad attaccare a una dialettica fondata sulla proposizione: è di questo, peraltro, che si parla quando ci si riferisce al concetto di “democrazia aperta e collaborativa” che filtra in certe elaborazioni di movimenti come M5S, di varie aree del PD e nei principi di altre forze di ispirazione liberale e libertaria, e che richiama in modo evidente padri nobili, da Calamandrei a Popper, da Salvemini a Olivetti, per citarne solo alcuni.

Solo così potremo concentrarci sulle priorità fondamentali dell’Italia di oggi, quelle che aspettano da anni scelte e azioni di ampio respiro: l’ambiente, prima di tutto, perché nessuna politica economica, anzi, nessuna politica in generale ha un senso se non si tutela e non si valorizza la terra in cui viviamo; la riforma del sistema dell’istruzione, perché non si può parlare del futuro se non si aumentano l’efficienza, l’efficacia e la qualità della scuola e dell’università e non si garantisce continuità al bisogno o al desiderio di miglioramento delle persone; il raggiungimento di quell’equilibrio virtuoso e necessario tra diritto al lavoro e possibilità di fare impresa senza il quale non si può realizzare quell’alleanza tra i bisogni e i meriti, o se si preferisce tra dignità e creatività, che dovrebbe ispirare la visione dell’economia in una democrazia moderna e compiuta. Di queste poche, silenziose, coerenti novità mi accontenterei, per il momento…

Coming On

Ma in questo momento c’è solo un rumore assordante e fuorviante. E in questo non c’è nulla di nuovo. Non c’è nulla di nuovo nelle urla e negli insulti. E nulla di nuovo negli atteggiamenti saccenti di chi grida che la democrazia è in pericolo e che bisogna esprimere solidarietà alle istituzioni. Non c’è nulla di nuovo nell’autoassoluzione di questo o di quello, a seconda del punto di vista o dell’appartenenza. E nulla di nuovo nella pretesa astratta e non dimostrabile di parlare a nome dei cittadini, per conto degli elettori o per il bene del paese. Non c’è nulla di nuovo negli uomini che odiano le donne, così come nel perbenismo di facciata o nell’ipocrisia di chi generalizza per poter dire che non bisogna generalizzare. Non c’è nulla di nuovo né nella protesta fine a sé stessa né nella difesa a oltranza dei privilegi acquisiti, dei mandati ottenuti, degli accordi sottoscritti. Non c’è nulla di nuovo nel tentativo di far quadrare i conti in base al proprio tornaconto, fingendo di spostare quel 3 o quel 5 per cento di votanti dalla propria parte. Non c’è nulla di nuovo nell’invocare o evocare la necessità di affrontare i gravi problemi che, o di fare delle scelte in base alle imprescindibili ragioni per cui, eccetera eccetera. Non c’è nulla di nuovo nel ribadire che siamo ormai fuori dalla crisi, o che – al contrario – siamo vicini a un disastro senza precedenti, o che dobbiamo fare dei sacrifici, o che basta, così come non c’è nulla di nuovo nell’affermare che tanto sono tutti ladri, che è ora di cambiare tutto, che bisogna ripartire da zero. Non c’è nulla di nuovo negli atteggiamenti faziosi dei soliti noti, così come negli errori grossolani dei soliti ignoti. Non c’è nulla di nuovo nell’informazione distorta, né nelle distorsioni di chi è convinto di disseminare informazioni alternative. Non c’è nulla di nuovo nell’opporsi a tutto e a tutti, così come nel dare lezioni di democrazia dall’alto di cattedre su cui solo alcuni pensano di avere il diritto di sedere. Non c’è nulla di nuovo nell’ignorare la realtà nascondendosi dietro giustificazioni improbabili, tipo le pretese di quell’Europa che siamo sempre capaci di evocare per poter dire di non aver preso da soli decisioni impopolari, ma che non cerchiamo mai di imitare ogni volta che prova a spiegarci che una società civile ha bisogno di qualche regola, e che valga per tutti. Non c’è nulla di nuovo nei battibecchi sterili, nel perdere tempo a rinfacciare a chi ci disturba che sono solo chiacchiere e distintivi, nello spreco di energie che tutti sembrano disposti ad accollarsi per impedire ad altri di fare qualcosa di concreto. Non c’è nulla di nuovo nel chiamarsi fuori e nello scaricare a turno su qualcun altro qualsiasi responsabilità per ciò che è accaduto, che sta accadendo o sta per accadere.

Nulla di nuovo: è solo l’Italia, quella di sempre. Il risultato di una sequenza ininterrotta di rivoluzioni mancate perché in realtà non avevano nulla di rivoluzionario, e di compromessi sbagliati che hanno preso forma perché nessuno ha saputo fare (o ha avuto il coraggio di fare) le scelte giuste: compromessi tra vincitori e vinti, potenti per definizione e deboli per antonomasia, massimalisti e trasformisti, affaristi furboni e furbetti di quartiere, imputati e giustizieri, guardie e ladri, apocalittici perfettamente integrati e integrati che annunciano l’apocalisse. Sono parole già sentite, atteggiamenti già visti, tattiche già sperimentate. E che non hanno mai cambiato niente, a parte, forse, la carriera personale di qualche gattopardo opportunista. Sono passato tra le barricate in fiamme da ragazzo, ho visto i soldati agli angoli delle strade, ho sentito il rumore delle esplosioni in lontananza e ho avvertito la sofferenza di chi era stato colpito a tradimento. Ho visto le illusioni bruciare in un attimo, come fogli di carta, e ho respirato la cenere del disincanto e il piombo della mistificazione. E tutto questo è niente rispetto al buio del fascismo, al deserto della guerra e alla povertà della ricostruzione che hanno conosciuto i miei genitori. Ora non mi posso più accontentare di un nulla mascherato da novità, perché tutto resti come prima. Ora voglio davvero qualcosa di nuovo. E per fare qualcosa di nuovo, in questo paese che invecchia così male, dobbiamo ricominciare dalla ricerca di quell’utopia…

One comment on “Nulla di nuovo, qualcosa di nuovo

  1. Umberto Santucci Feb 4,2014 11:40 am

    A Porto Recanati sono impegnato nella campagna elettorale per le comunali del 25 maggio con M5S, con un candidato sindaco che oltre ad essere una brava persona è un architetto urbanista e ha messo al primo posto del programma la salvaguardia del territorio brutalizzato e minacciato da cementificazioni, speculazioni, infiltrazioni mafiose, collusioni favorite dall’attuale amministrazione. Non c’è nulla di nuovo nel lottare contro la cementificazione, ma intanto ci proviamo, e abbiamo già bloccato un progetto di un megacentro commerciale che vorrebbero fare su una città romana del II sec. a.c.

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